L’ingresso alla scuola primaria segna un passaggio importante nella crescita del bambino che si lascia alle spalle le attività e i ritmi della scuola dell’infanzia, in cui l’educatrice era il sostituto delle figure di riferimento. È sempre meno interessato ai giochi e alle attività dei piccoli mentre si confronta con ritmi scolastici ed extra-scolastici sempre più veloci e impegnativi.
Anche la vita comunitaria all’interno della scuola primaria è molto diversa rispetto a quella della scuola dell’infanzia, in cui il tempo era scandito da attività semplici intervallate da lunghe pause di gioco spontaneo.
La postura della scuola primaria è differente e per alcuni bambini è un grande impegno.
Le difficoltà emergono soprattutto quando nel bambino le autonomie non sono obiettivi raggiunti e consolidati e il desiderio di rimanere piccolo occupa molto spazio nelle sue emozioni, esprimendo in modi diversi la fatica che richiede la separazione da mamma e papà, ad esempio allungando molto i tempi della vestizione mattutina e generando quotidiani conflitti con i genitori.
Nei racconti spontanei dei bambini si ritrovano tutti i timori della crescita: paura, incertezza, fragilità e tante domande a cui è difficile dare risposta.
Salutare la prima parte dell’infanzia è complesso e i bambini hanno bisogno del sostegno e della rassicurazione degli adulti per verbalizzare e significare tutto ciò che è loro poco chiaro, arrivare infine, ad un decentramento delle emozioni che invadono il pensiero quando c’è molta paura dell’ignoto.
Per superare le difficoltà di questo periodo complesso è importante che gli adulti si interessino ai cambiamenti dei bambini, ai loro vissuti quotidiani, aiutandoli a raccontare ciò che rimane nei ricordi delle attività scolastiche. Mettere parole nei pensieri è utile per creare ordine, imparare a pensare, trovare soluzioni ai problemi in modo creativo, come sanno fare i bambini di quest’età, a metà strada fra istinto e regole, fra emozioni e desiderio di riconoscersi uguali ai coetanei.
Lo sguardo del bambino che prima era rivolto prevalentemente verso i genitori, ora, è aperto verso uno spazio più ampio che include l’ambiente, i bambini con cui si confronta in giochi e attività diverse rispetto al passato, ricchi di sfide e regole, ascoltando il desiderio di superare i limiti con cui si è finora confrontato.
Si gioca insieme per imparare a conoscersi, abitare in un ambiente sociale in cui è necessario l’ascolto di sé, dell’altro nella relazione, nella gestione delle regole e soprattutto nel confronto con il limite.
Si impara insieme ad essere sé stessi.
E tutto avviene in un luogo, la scuola, in cui è necessario condividere con gli altri, in modo autonomo, spazi, tempo delle attività e tempo degli adulti che a volte il bambino vorrebbe avere tutti per sé.
Come si impara a stare con gli altri?
Se dovessi rispondere da Psicomotricista direi, giocando.
Mara Salavador, Psicomotricista Neurofunzionale Educativa (L.4-2013)